domenica 29 maggio 2011

Unità di misura romane

La necessità di misurare le distanze, i pesi, il tempo, la quantità dei liquidi e dei solidi è, fin dalla più remota antichità, un'esigenza tipica delle società organizzate. Possedere un appezzamento di terreno, accumulare i raccolti, barattare e commerciare, concedere prestiti o usufruirne, esigere il pagamento delle tasse, programmare un viaggio o una campagna militare, pianificare la costruzione di un edificio o di una intera città sono attività che implicano la capacità di comparare e quindi di misurare.
I più antichi sistemi di misurazione traevano le loro unità da elementi naturali (come chicchi di grano e di cereali in genere per la misura dei pesi) o umani (come piedi, pollici, cubiti, braccia per le misure lineari), questi ultimi ancora oggi riscontrabili nel sistema di misura anglosassone.
Se inizialmente ciascuna comunità disponeva di unità di misura proprie, la diffusione dei commerci impose una razionalizzazione della materia, la costituzione di tavole comparative delle misure adottate da popolazioni diverse e, ancora successivamente, il controllo da parte delle autorità per evitare frodi e raggiri.
Per quanto riguarda le unità di misura romane, le stesse fonti latine dichiarano uno stretto legame con il sistema greco di misurazione, a sua volta derivato dalle civiltà orientali, anche se il contatto con le diverse popolazioni sottomesse portò i Romani a conoscenza di molti altri diversi sistemi che vennero rielaborati e razionalizzati. Nonostante la varietà dei ritrovamenti archeologici e delle fonti, la complessità della materia rende difficile una interpretazione precisa e vari sono i punti ancora densi di interrogativi.

  
La misura del tempo
La misura dello spazio
Le operazioni di pesatura

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